domenica 16 maggio 2010

... e, alzate le mani, ...

Lc 24,26-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.


“… e, alzate le mani, li benedisse”. Semplice annotazione o senso di tutto?
Il sacerdote dell’antica alleanza fungeva da collegamento tra gli uomini e Dio. Prendeva l’offerta del sacrifico dagli uomini impuri (un animale) lo sacrificava ed entrava alla presenza di Dio presentando l’offerta a nome dell’offerente e sempre a mani alzate tornava dalla presenza di Dio verso l’offerente per portargli la Sua benedizione. Dunque Luca non ci sta dando una semplice annotazione ma qualcosa in più, Luca ci sta dicendo che Egli, il Cristo, è l’unico e sommo sacerdote. Egli morto offre non un animale ma se stesso. E ora, solo ora, nel momento dell’ascensione Egli completa la sua opera, riporta agli uomini la benedizione di Dio. La benedizione di Dio continua ancora oggi, è una e vale per sempre, così come il suo sacrificio. Gli antichi sacerdoti dovevano ripetere l’azione ogni qual volta qualcuno voleva essere purificato, ora Cristo è l’unico e vero sacerdote, l’unico e vero tramite. Egli non solo alza le mani e riporta la benedizione di Dio su di noi, ma innaugura un passaggio nuovo, quello dell’umanità che sale in cielo. Perché se è vero che Egli da Dio era nato vero uomo, se è vero che è vissuto da vero uomo e vero Dio, se è vero che è morto e risorto da vero uomo e vero Dio è vero anche che è salito al cielo da vero Dio e vero uomo. La strada è aperta, l’umanità può finalmente giungere a Dio grazie a questo ponte, quello che il Pontefice ha realizzato per noi.

Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria.
(Dalla liturgia dell’Ascensione del Signore).

domenica 4 aprile 2010

...se l'amor si paga dopo

Gv 20,1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.


Se l’amor si paga dopo
noi senza inferno, non resteremo.
Se l’amor mi costa questo
non voglio sconti, voglio pagare.

E se fosse per sempre, mi stupirei
e se fosse per sempre, ne gioirei
perchè quando mi rubi, e mi stacchi dal mondo
sale forte l' umore
e l’amore va in sole.

Tra la polvere del mondo
mi son trovato e ho camminato.
Nelle mani avevo fiori e tante scuse
per non morire.

Mia divinità a corrente continua,
mia che come te non ne fanno mai più
profumiamo insieme di un’essenza che resta,
cosa vuoi che sia la diversità.

E se fosse per sempre mi stupirei
e se fosse per sempre!
(Cfr., Biagio Antonacci, Se fosse per sempre 2010)


Se l'amor si paga dopo noi senza inferno non resteremo:
... ma tutto è stato pagato e tutto pagato a caro prezzo e ora per noi è tutto gratis!
Se l'amor mi costa questo, non voglio sconti voglio pagare:
... nessuno è in grado di pagare l'Amore, anche volendo il prezzo è troppo grosso, ma qualcuno non ha voluto sconti, ha pagato tutto, lo ha fatto per noi!
Tra la polvere del mondo mi son trovato e ho camminato:
... ha camminato con noi, nella nostra polvere immischiandosi e arrivando anche nel punto in cui tutti noi diventiamo solo polvere, la tomba!
Nelle mani avevo fiori e tante scuse per non morire:
... ma non ha accettato scuse, non le ha cercate, non le ha volute, fino all'ultimo, ricercando tutto quello che mancava, anche il sorso finale affinché tutto sia compiuto senza scuse!
Mia divinità a corrente continua, mia che come te non ne fanno mai più:
... a corrente continua, un amore totale e pieno che non ha fine e che non ha pause!
profumiamo insieme di un’essenza che resta, cosa vuoi che sia la diversità:
... con una persona così anche ciò che puzza diviene profumato!
E se fosse per sempre? E se fosse per sempre? E se fosse per sempre?
... mi stupirei!
... ne gioirei!


O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la morte
e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi, che celebriamo la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati nel tuo Spirito, per rinascere nella luce del Signore risorto.
(Dalla liturgia della domenica di Pasqua di Risurrezione).


domenica 21 marzo 2010

Togliete la pietra!

Cfr. Gv 11,1-45

Loro: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
Lui «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato»; «Andiamo di nuovo in Giudea!».
Loro: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?».
Lui: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui»; «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo».
Loro: «Signore, se si è addormentato, si salverà».
Lui: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!».
Loro: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Lei: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà».
Lui : «Tuo fratello risorgerà».
Lei: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno».
Lui: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?».
Lei: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Loro: «Il Maestro è qui e ti chiama».
Lei: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?».
Lui: «Signore, vieni a vedere!».
Loro: «Guarda come lo amava!»; «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Lui: «Togliete la pietra!».
Lei: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni».
Lui: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?»; «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato»; «Lazzaro, vieni fuori!»; «Liberàtelo e lasciàtelo andare».


“Signore, manda già cattivo odore!” è la frase che ciascuno di noi usa per obiettare a Dio, quando si presenta con forza davanti ai nostri angoli oscuri del nostro cuore e pretende di “metterci mano”. Ognuno di noi ha quello pieghe del proprio cuore, ognuno di noi ha dei piccoli nascondigli che più o meno consapevolmente usa per riporvi tutte le cose brutte della propria vita, i propri difetti i propri peccati, e una volta riposti ben benino ci rotoliamo una bella pietra su. Ma il vangelo di oggi, all’interno della nostra quaresima, non ci fa fissare il nostro sguardo solo sull’ultima risurrezione che il Signore può portare nella nostra vita e soprattutto davanti alla nostra morte. Ovviamente per questo tema c’è tempo, ci sarà la pasqua per potervi riflettere, ma oggi? Di che risurrezione si parla? Della risurrezione che il Signore può portare nella nostra vita giorno per giorno. E allora c’è bisogno di coraggio, il coraggio della fede: “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?”, il coraggio che Gesù ci chiede per togliere la pietra affinché Dio possa chiamare ad uscire, dalle pieghe del nostro cuore, proprio quelle cose di cui noi non solo non vorremmo più vedere, ma nemmeno sentire parlare, Egli le chiama fuori e le fa venire fuori da solo, non cose morte e stramorte che puzzano ma cose vive!
Carissimi se vogliamo davvero che tra 15 giorni sia Pasqua per ciascuno di noi, dobbiamo avere il coraggio di andare a togliere quella pietra! Che il Signore ci aiuti a vedere come le nostre piccoli e grandi morti non sono per la morte totale ma per la gloria di Dio, che siamo noi: gli uomini viventi! La sua gloria è la nostra vita!

Eterno Padre, la tua gloria è l'uomo vivente; tu che hai manifestato la tua compassione nel pianto di Gesù per l'amico Lazzaro, guarda oggi l'afflizione della Chiesa che piange e prega per i suoi figli morti a causa del peccato, e con la forza del tuo Spirito richiamali alla vita nuova.
(Dalla liturgia della quinta domenica di quaresima A).

domenica 14 marzo 2010

Tu, credi nel figlio dell'uomo o un Dio così non ti serve?



Cfr. Gv 9,1-41

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita.
«Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?».
«Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?».
«E chi è, Signore, perché io creda in lui?».
«Lo hai visto: è colui che parla con te».
«Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Gesù, l’uomo che cammina su questa terra, passa e vede un uomo cieco. In un uomo cieco Gesù è capace di vedere un uomo cieco, i suoi discepoli alla vista di un uomo cieco vedono il peccato! Che bella immagine di Dio, un Dio che castiga i peccati e li fa scontare, e non solo un Dio che ti fa scontare anche i peccati eventuali dei tuoi genitori!
Bè un Dio così non mi serve, anzi meglio se non esiste!
Ma Gesù no! Lui vede un cieco! Gesù vede la realtà ed ecco perché è capace di operare la guarigione, quella vera. Il cieco recupera la vista, ma ovviamente come ormai siamo abituati a dire e pensare, non è quella la vera guarigione. Certo molti già si accontenterebbero, ma chi si accontenta di questa guarigione è come coloro che in un cieco vedono il peccato. Gesù non si accontenta: “tu credi nel Figlio dell’uomo?” ed ecco la vera guarigione: “Credo, Signore!”.
Vorrei però attirare l’attenzione sulla frase che Gesù pronunzia dopo la svista dei suoi discepoli: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”. Che significa questo “è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”? Non mi venite a dire che quel cieco doveva esserlo affinché poi potesse incontrare Gesù, riacquistare la vista e convertirsi??? No, perché se così fosse la risposta che do è al stessa di prima: Bè un Dio così non mi serve, anzi meglio se non esiste!
Dio non ha bisogno della nostra malattia per poi guarirci e per dimostrarci così che possiamo anche credere!!!
Noi vediamo proprio male, vediamo il peccato dove non c’è e non vediamo il peccato dove c’è! E sempre pronti ad accusare Dio e chiedergli la domanda di sempre: “perché?”, “perché a me?” “cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”. Invece Dio no, Dio vede che siamo così perché in noi si manifestino le sue opere. Noi vediamo male e crediamo di vedere bene, se solo avessimo il coraggio di ammettere di vedere male! Questa si che sarebbe al nostra salvezza!
Ma tu… credi nel Figlio dell’uomo?

O Dio, Padre della luce, tu vedi le profondità del nostro cuore: non permettere che ci domini il potere delle tenebre, ma apri i nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo, e crediamo in lui solo, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore.
(Dalla liturgia della IV domenica di quaresima anno A).

domenica 7 marzo 2010

Doveva... ma non doveva... però doveva!

Cfr. Gv 4,5-42

Lui:
«Dammi da bere».
Lei: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?».
Lui: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».
Lei: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Lui: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».
Lei: «Signore, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».
Lui: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui».
Lei: «Io non ho marito».
Lui: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Lei: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».
Lui: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Lei: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa».
Lui: «Sono io, che parlo con te».

Lei: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?».
Discepoli: «Rabbì, mangia».
Lui: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete».
Discepoli: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?».
Lui: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Lei: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto».
Samaritani: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Credo che la chiave interpretativa che possiamo utilizzare per interpretare il brano del vangelo che oggi ci è stato donato all’interno del nostro cammino quaresimale, si trovino nei 2 versetti che precedono questo brano. Precisamente i versetti 2 e 3 del capitolo 4 di Giovanni:
[3] lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.
[4] Doveva perciò attraversare la Samaria.
Non è vero che Gesù per passare dalla Giudea alla Galilea doveva necessariamente passare per la Samaria, avrebbe potuto utilizzare la via del mare o anche la via lungo il giordano. Quindi potremmo dire che Gesù sceglie di passare per la Samaria. A questo punto dobbiamo chiederci che cosa sia, cosa rappresenti la Samaria? La Samaria era la regione da evitare per mantenersi puri, perché in essa, più che in ogni altro posto, vi era la presenza di idoli stranieri e dunque il popolo dei samaritani non si era conservato puro. Ecco perché passare o non passare attraverso quel terreno e quel popolo segna al differenza.
Ma Gesù aveva imparato bene la lezione, egli era stata mandato dallo Spirito nel deserto per essere tentato e aveva qui imparato che la sua missino non era esibire la sua forza su dei sassi e trasformarli in pane, ma la sua morte e resurrezione. Aveva imparato bene anche che era ricolmo della gloria del Padre che ora risplendeva in lui proprio come nella trasfigurazione. E sapeva ancora, che proprio quella gloria era divenuta in lui sorgente. E allora Gesù non può non passare per la Samaria, non può non scegliere di passare per quel luogo così “pericoloso” per la fede pura, non può dimenticarsi di quella donna e di quel popolo che Giovanni ci dice cedettero non solo per le parole e gli eventi della samaritana ma per la Sua stessa Parola ascoltata.
Siamo alle solite, se ci riconosciamo un po’ in quella donna o un po’ in quel popolo, ossia, se riconosciamo che la nostra fede non è proprio pura come lo era un tempo, se riconosciamo che nella nostra vita c’è qualcosa che non va, bèh “niente paura ci pensa il Signore… mi han detto così”. Lui non teme di venire nei nostri angoli bui e portarvi la sua luce, proprio come ci aveva preannunciato domenica scorsa con l’evento della trasfigurazione, non uno spettacolo da contemplare ma uno spettacolo da realizzare in noi con il suo aiuto.

Niente paura, niente paura
Niente paura, ci pensa la vita mi han detto così...
Niente paura, niente paura
niente paura, si vede la luna perfino da qui.
(Luciano Ligabue, Primo tempo, Niente paura 2007).


O Dio, sorgente della vita, tu offri all'umanità riarsa dalla sete l'acqua viva della grazia che scaturisce dalla roccia, Cristo salvatore; concedi al tuo popolo il dono dello Spirito, perché sappia professare con forza la sua fede, e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore.
(Dalla liturgia della III domenica di quaresima A)

domenica 28 febbraio 2010

Illumina il cuore mio...

Mt 17,1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Gesù porta alcuni dei suoi discepoli sul Tabor per fargli fare l’esperienza della sua gloria. Egli offre loro un criteri di interpretazione della su passione, che da lì a poco vivranno, diverso: la morte non è la fine ma la fine è la Gloria. Quella gloria che Dio Padre riversa totalmente nel Figlio. Ma quello che Gesù fa sperimentare ai discepoli allora e oggi a noi non è solo la visione di un qualcosa di sensazionale, ma è l’anticipo della fine, della nostra fine, del fine. Già perché il fine nostro, la nostra fine è proprio quella: creati e redenti per la gloria! Ma se questo è vero e se è vero che Dio Padre riempie di gloria il Figlio e che Gesù non splende di una luce propria ma di quella che gli viene dal Padre, e se è ancora vero che questo deve accadere per ciascuno di noi, allora potremmo concludere dicendo che ce en possiamo stare a braccia conserte ad attendere che Dio Padre ci illumini, mentre constatiamo che nella nostra vita siamo come una lampadina un po’ esaurita, che non emana molta luce, anzi… ma menomale che non è così! Nel battesimo Dio ci ha riempito e si è compiaciuto in noi così come lo ha fatto allora con Gesù! Ciascuno di noi è una lampadina che può dare davvero tanta luce, basta essere collegati alla fonte energetica giusta! L’energia c’è sempre, anche quando noi svitiamo la lampadina dal portalampada, ma evidentemente la lampadina non può accendersi… buon quaresima, buon ritorno alla giusta energia a tutti!

O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria.
Dalla liturgia della II domenica di quaresima A).

domenica 21 febbraio 2010

Un padre scosiderato... sei da difendere...

Mt 4,1-11

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Questo brano del vangelo è preceduto dal battesimo di Gesù e seguito dall’inizio della sua predicazione e della scelta dei dodici. Dunque lo Spirito Santo conduce Gesù nel deserto proprio in un momento particolare, sembra quasi che le tentazioni sono necessarie a Gesù prima di iniziare la sua missione. Ma che Padre è quello di Gesù? Un Padre sconsiderato che conduce e lascia Gesù in balia della tentazione. Un Padre che spesso anche noi giudichiamo sconsiderato davanti al male del mondo, soprattutto davanti a quel male che facciamo fatica a ricondurre all’uomo e che troppo facilmente addossiamo a Dio. Eppure Gesù nelle tentazioni sperimenta proprio l’amore premuroso di un Padre che permette le tentazioni e che mediante queste permette che Egli apprenda la modalità, lo stile della sua missione, non la potenza di un Re che sottomette per il suo bene e di pochi della corte ma la potenza di un Re che umilmente vince la morte per il bene di tutti. Non pietre che diventano pane, non angeli che corrono a salvarlo non il possedere tutto, ma l’adorazione di Dio Padre come unica fonte di salvezza.
Nelle tentazioni Gesù riesce a difendere proprio quel suo essere “il figlio in cui il padre si è compiaciuto”, il dono del battesimo Gesù lo ha custodito proprio bene.

Tu esisti dentro me
sei da difendere con grazia semplice, così
Per l'amore che non hai
che non ho voluto mai
che ormai esiste dentro noi
(Laura Pausini, Resta in ascolto, Il tuo nome in maiuscolo)

O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.
(Dalla liturgia della I domenica di quaresima A).

domenica 14 febbraio 2010

Beato te... tamerisco!

Cfr. Lc 6,17.20-26
Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Cfr. Ger 17,5-8
Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamarisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.

Cfr. Lc 6,17.20-26
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Cfr. Ger 17,5-8
Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti.

Il signore proclama beati tutti coloro che hanno un qualcosa da ricercare: i poveri, gli affamati, coloro che piangono e coloro che sono insultati. Sono beati perché desiderano cambiare il loro stato di vita.
Il Signore dice “guai” a coloro che credono di non dover cercare più nulla perché hanno tutto: ricchi, sazi, coloro che ridono e coloro che sono ben visti!
Gli appartenenti ai “guai” sono i tamarischi, coloro che sono cresciuti nella steppa, non hanno acqua e solo per il fatto che esistono credono di avere tutto, si guardano attorno e vedendo il nulla ma solo loro emergere pensano tra sé che sono davvero grandi!!! Se solo conoscessero cosa vuol dire essere tamerisco lungo corsi d’acqua! Poverini credono di essere ricchi, sazi, ridenti e ben visti e invece non faranno mai nemmeno un fiore… e non sanno nemmeno che potrebbero germogliare dai loro rami dei fiori!
Dunque attenzione: il rischio di essere tamarischi è davvero grande!
I beati sono coloro invece che sono verdi, che sono robusti, che hanno la linfa che scorre abbondantemente e che fanno molti fiori, ma sanno anche che tutto ciò non è opera loro, ma del fiume che gli scorre vicino!!!
Già il fiume! Il Nostro fiume: Cristo!

O Dio, che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva a te da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell’egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa’ che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell’umanità rinnovata nel tuo amore.
(Dalla liturgia della VI domenica del tempo ordinario C).

domenica 7 febbraio 2010

A me è andata così!!!

Lc 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

(barca ritrovata nel lago di Tiberiade)

Pietro:
- abile pescatore
(era il suo lavoro),
- abile imprenditore
(non lavorava da solo ma aveva dei soci),
- conoscitore del lago di Tiberiade
(anni e anni a pescare nello stesso modo nello stesso lago),
- uomo lavoratore
(passa le notti in barca),
- uomo conosciuto nel villaggio
(pescatore del villaggio con un’abitazione abbastanza grande e centrale a Cafarnao),
- uomo che sperimenta il fallimento
(dopo la notte di lavoro sistema le reti, ma di pesci neanche a parlarne),
uomo paziente (chissà quante volte gli sarà capitato),
uomo paziente (nonostante il suo umore presta la barca a Gesù per farlo parlare alle folle),
uomo paziente (nonostante la sconfitta deve anche scostarsi da terra per far parlare meglio Gesù),
uomo paziente (nonostante la sua abilità di pescatore getta le reti perché glielo dice un
falegname),
uomo paziente (sopporta questo Gesù che arriva e pretende proprio nel momento sbagliato).

Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. Fede o sfida? Si gettano le reti perché si crede nel Maestro o per dimostrare al Maestro che quella notte non si può proprio pescare?
Quante volte nella nostra vita viviamo la stessa situazione, la sconfitta amara. Quante volte crediamo che quella situazione proprio non può essere risolta! Quante volte crediamo che la situazione è finita, non può andare meglio, non può andare peggio, ma è solo andata così!
Ma Lui, il Signore ha davvero l’ultima parola, occorre gettare le reti, perché la nostra abilità e la Sua Grazia, cambieranno proprio quella situazione che noi abbiamo definito come finita! È Lui, il Signore, a riportarci proprio al centro della sconfitta e a farci scoprire che le barche, con il Signore, sono sempre piene!
E allora ecco che davanti a Dio e con Lui tutto prende un’onda diversa, ma occorre accettare che un falegname insegni a noi pescatori a pescare!!! Occorre che il Signore ci insegni proprio negli ambiti in cui noi crediamo di essere maestri, ma di maestro ce ne è uno solo!!! Caro Gesù, va bene la messa, l’amore per il prossimo, il perdono, ma in questa situazione tu proprio non centri, qui ci sono io e me la devo cavare da solo… “gettate le vostre reti”!!!

Dio di infinita grandezza, che affidi alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di portare agli uomini l’annunzio del Vangelo, sostienici con il tuo Spirito, perché la tua parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra.
(Dalla liturgia della V domenica del tempo ordinario C).

domenica 31 gennaio 2010

Noi piccoli, noi grandi costruttori di gabbie!

Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.


Non è costui il figlio di Giuseppe?” è con questa domanda che nel vangelo Luca esprime tutto lo stupore degli ebrei nei confronti di questo Gesù che fa prodigi a Cafàrnao e che dice cose strane: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.
Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!” è con queste parole che Luca esprime la comprensione di Gesù del vero problema: a Cafàrnao i miracoli e a Nazaret solo parole!!!
A volte siamo proprio piccoli, abbiamo bisogno anche noi di una fede fatta di miracoli e non di chi li compie!!!
A volte siamo proprio piccoli, crediamo di conoscere tutto e tutti e allora non permettiamo agli altri di esprimersi!!!
A volte siamo proprio piccoli ma siamo anche grandi costruttori di prigioni, sì, di gabbie in cui racchiudere e bollare gli altri e perfino Dio. Del resto di Gesù sappiamo tutto, in fondo il vangelo lo conosciamo, sono anni che lo sentiamo no? E poi i nostri fratelli? Sì conosciamo anche quelli e sappiamo chi è bravo, chi è cattivo, chi è bello, chi è brutto, chi è nero chi è bianco ecc. Sappiamo tutto, e davanti a noi nessuno può cambiare, perché la loro gabbia l’abbiamo chiusa davvero bene!!!
A volte siamo proprio piccoli, sappiamo come sono andate le cose e dunque anche come andranno: si è fatto sempre così no? Allora dobbiamo continuare a farlo!!!
Carissimi è ora di andare a prendere le chiavi e aprire le gabbie che ciascuno di noi costruisce, gabbie nei confronti di Dio, gabbie nei confronti dei fratelli, gabbie nei confronti delle situazioni.
Aprire le gabbie per donare la libertà agli altri e a noi di essere uomini nuovi e di fare cose nuove, non cose vecchie!!! Anche perché noi crediamo di ingabbiare gli altri... ma la realtà è un'altra: quello nella foto siamo noi stessi, nelle nostre gabbie, incapaci di cose grandi perché pensiamo davvero da piccoli!!! Cose nuove, non cose vecchie!!! Liberare Dio, gli altri e le situazioni per poter essere liberi anche noi di vivere!!!

O Dio, che nel profeta accolto dai pagani e rifiutato in patria manifesti il dramma dell’umanità che accetta o respinge la tua salvezza, fa’ che nella tua Chiesa non venga meno il coraggio dell’annunzio missionario del Vangelo.
(Dalla liturgia della IV domenica del tempo ordinario C).

domenica 24 gennaio 2010

Oggi: in fondo basta solo un portami con te!

Cfr. Lc 4,14-21

Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Il brano del vangelo di questa domenica è composto dall'inizio del vangelo di Luca e poi dai versetti riportati qui sopra che troviamo al capitolo 4. Dunque il messaggio che ci viene donato si può basare su due punti: 1. la "fondazione" storica del racconto lucano; 2. l'"oggi" del compimento della Scrittura.
Luca decide di fare "ricerche accurate su ogni circostanza" perchè "tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto". Dunque l'invito è a mettere in moto la nostra intelligenza per dare ragione della nostra fede, e a non vivere né una fede bambina né un atteggiamento fideistico.
La parola di Dio si compie "oggi"! Gesù legge la scrittura e dice che quella parola si compie oggi. Il vero profeta e liberatore non è quello di Isaia 61 ma Gesù "quello che tu cerchi è già qui", e agli uditori Gesù dice che è Lui: "è davanti a te, sono il tuo destino sono il tuo perché". Chissà perché quando soffriamo lo si fa sempre nel presente "la disperazione è già qui, la disperazione la soffochi con me", e spesso quando ci riferiamo alla fede lo si fa sempre al nostalgico passato o al futuro, a tempi migliori: "Stupido non fare così, non sciupare il tempo che forse non ce n'è, guardami negli occhi e fidati di me".

Per noi cristiani è importantissimo metterci davvero davanti al Signore, Lui ci ha dato un tempo, quello della nostra vita terrena e insieme a questo tutto il creato, e comprendere che Lui con noi siamo l'oggi della storia e allora: "in fondo basta solo un portami con te" verso l'eternità.

O Padre, tu hai mandato il Cristo, re e profeta, ad annunziare ai poveri il lieto messaggio del tuo regno, fa’ che la sua parola che oggi risuona nella Chiesa, ci edifichi in un corpo solo e ci renda strumento di liberazione e di salvezza.
(Dalla liturgia della III domenica del tempo ordinario C).

p.s.: avete trovato appropriati i versi scritti tra virgolette? Li riporto qui interamente:

(Vasco Rossi, Il mondo che vorrei, Qui si fa la storia)

Quello che tu cerchi tu proprio non lo sai
Quello che tu cerchi è già qui
È davanti a te non lo vedi che
Sono il tuo destino sono ogni tuo perché
O yeah

La disperazione tu proprio non lo sai
La disperazione è già qui
C’è solo un modo che io conosco
La disperazione la soffochi con me
Con me

Lascia che ti spieghi tu forse non lo sai
Stupido non fare così
Non sciupare il tempo che forse non ce n’è
Guardami negli occhi e fidati di me
Io sono qui per te

Qui si fa la storia o non si fa si deciderà tutto qui
Chi può aspettare aspetterà noi scappiamo fuori di qui

Tu non devi più pensare a niente ormai
Lasciati andare così
Non mi dire niente mi basta solo che
In fondo basta solo un “portami con te”
Con te

Qui si fa la storia o non si fa si deciderà tutto qui
Chi può aspettare aspetterà noi scappiamo fuori di qui

Qui si fa la storia o non si fa si deciderà tutto qui
Chi può aspettare aspetterà noi scappiamo fuori di qui.

domenica 17 gennaio 2010

L'acqua unita al vino sia segno della nostra unione...

Cfr. Gv 2,1-12

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.


Strabiliante questo Gesù che continua a realizzare giorno per giorno il mistero del Natale appena celebrato e vissuto. Ancora una volta la grazia divina incontra l’umanità. Gesù prende le giare per la purificazione dei giudei, simbolo della sporcizia da non far entrare né nel tempio né nel cibo, per non rendere impuro tutto ciò che ci circonda e proprio da quell’acqua riempita “fino all’orlo” ne fa scaturire il vino nuovo il “vino buono”. Ed è proprio così: quando anche noi stiamo per affogare perché l’acqua ci giunge alla gola dobbiamo fare “qualsiasi cosa ci dica” perché quella è la nostra salvezza.
C’è una frase che il sacerdote dice sempre nel preparare il calice durante l’offertorio, prima mette il vino poi aggiunge qualche goccia d’acqua dicendo: “L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la natura divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana”. Ci è data questa grande possibilità, la possibilità di essere uniti alla natura divina di Dio così com’è un po’ d’acqua versata nel vino: diventano una cosa sola.

O Dio, che nell’ora della croce hai chiamato l’umanità a unirsi in Cristo, sposo e Signore, fa’ che in questo convito domenicale la santa Chiesa sperimenti la forza trasformante del tuo amore, e pregusti nella speranza la gioia delle nozze eterne.
(Dalla liturgia della II domenica del tempo ordinario C).

... ricominciamo ...

... con queste parole di questa canzone, a distanza di un anno circa dall'ultimo post, ricomincio a scrivere e condividere con voi alcuni piccoli e semplici pensieri. A volte saranno detti sotto voce in altri momenti saranno un pò uralti ma: questa vita è mia e voglio volume!!! (Articolo 31, Volume).
Ringrazio sentitamente tutti coloro che in questo anno mi hanno a più riprese incitato nel riprendere questa piccola attività, sperando di continuare assieme a condividere il cammino della vita incontro al Signore!

Lasciami gridare,
lasciami sfogare
io senza amore
non so stare...
Io non posso restare

seduto in disparte
né arte né parte
non sono capace
di stare a guardare
questi occhi di brace
e poi non provare
un brivido dentro
e correrti incontro,
gridarti ti amo...
ricominciamo.
So dove passi le notti
e' un tuo diritto
io guardo e sto zitto
ma penso di tutto
mi sveglio distrutto
però io ci provo
ti seguo, ti curo
non mollo lo giuro
perché sono nel giusto
perché io ti amo...
Ricominciamo.
Ricominciamo.
Ricominciamo.
Cosa vuoi che faccia?
Io sarò una roccia
Guai a quello che ti tocca...
So che tu ami le stelle
gettarti nell'occhio
del primo ciclone
non perdi occasione
per darti da fare
e farti valere
ma fammi il piacere
ti voglio aiutare
su fammi provare
ancora io ti amo
ricominciamo...
(Ricominciamo, Adriano Pappalardo)