domenica 28 febbraio 2010

Illumina il cuore mio...

Mt 17,1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Gesù porta alcuni dei suoi discepoli sul Tabor per fargli fare l’esperienza della sua gloria. Egli offre loro un criteri di interpretazione della su passione, che da lì a poco vivranno, diverso: la morte non è la fine ma la fine è la Gloria. Quella gloria che Dio Padre riversa totalmente nel Figlio. Ma quello che Gesù fa sperimentare ai discepoli allora e oggi a noi non è solo la visione di un qualcosa di sensazionale, ma è l’anticipo della fine, della nostra fine, del fine. Già perché il fine nostro, la nostra fine è proprio quella: creati e redenti per la gloria! Ma se questo è vero e se è vero che Dio Padre riempie di gloria il Figlio e che Gesù non splende di una luce propria ma di quella che gli viene dal Padre, e se è ancora vero che questo deve accadere per ciascuno di noi, allora potremmo concludere dicendo che ce en possiamo stare a braccia conserte ad attendere che Dio Padre ci illumini, mentre constatiamo che nella nostra vita siamo come una lampadina un po’ esaurita, che non emana molta luce, anzi… ma menomale che non è così! Nel battesimo Dio ci ha riempito e si è compiaciuto in noi così come lo ha fatto allora con Gesù! Ciascuno di noi è una lampadina che può dare davvero tanta luce, basta essere collegati alla fonte energetica giusta! L’energia c’è sempre, anche quando noi svitiamo la lampadina dal portalampada, ma evidentemente la lampadina non può accendersi… buon quaresima, buon ritorno alla giusta energia a tutti!

O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria.
Dalla liturgia della II domenica di quaresima A).

domenica 21 febbraio 2010

Un padre scosiderato... sei da difendere...

Mt 4,1-11

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Questo brano del vangelo è preceduto dal battesimo di Gesù e seguito dall’inizio della sua predicazione e della scelta dei dodici. Dunque lo Spirito Santo conduce Gesù nel deserto proprio in un momento particolare, sembra quasi che le tentazioni sono necessarie a Gesù prima di iniziare la sua missione. Ma che Padre è quello di Gesù? Un Padre sconsiderato che conduce e lascia Gesù in balia della tentazione. Un Padre che spesso anche noi giudichiamo sconsiderato davanti al male del mondo, soprattutto davanti a quel male che facciamo fatica a ricondurre all’uomo e che troppo facilmente addossiamo a Dio. Eppure Gesù nelle tentazioni sperimenta proprio l’amore premuroso di un Padre che permette le tentazioni e che mediante queste permette che Egli apprenda la modalità, lo stile della sua missione, non la potenza di un Re che sottomette per il suo bene e di pochi della corte ma la potenza di un Re che umilmente vince la morte per il bene di tutti. Non pietre che diventano pane, non angeli che corrono a salvarlo non il possedere tutto, ma l’adorazione di Dio Padre come unica fonte di salvezza.
Nelle tentazioni Gesù riesce a difendere proprio quel suo essere “il figlio in cui il padre si è compiaciuto”, il dono del battesimo Gesù lo ha custodito proprio bene.

Tu esisti dentro me
sei da difendere con grazia semplice, così
Per l'amore che non hai
che non ho voluto mai
che ormai esiste dentro noi
(Laura Pausini, Resta in ascolto, Il tuo nome in maiuscolo)

O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.
(Dalla liturgia della I domenica di quaresima A).

domenica 14 febbraio 2010

Beato te... tamerisco!

Cfr. Lc 6,17.20-26
Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Cfr. Ger 17,5-8
Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamarisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.

Cfr. Lc 6,17.20-26
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Cfr. Ger 17,5-8
Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti.

Il signore proclama beati tutti coloro che hanno un qualcosa da ricercare: i poveri, gli affamati, coloro che piangono e coloro che sono insultati. Sono beati perché desiderano cambiare il loro stato di vita.
Il Signore dice “guai” a coloro che credono di non dover cercare più nulla perché hanno tutto: ricchi, sazi, coloro che ridono e coloro che sono ben visti!
Gli appartenenti ai “guai” sono i tamarischi, coloro che sono cresciuti nella steppa, non hanno acqua e solo per il fatto che esistono credono di avere tutto, si guardano attorno e vedendo il nulla ma solo loro emergere pensano tra sé che sono davvero grandi!!! Se solo conoscessero cosa vuol dire essere tamerisco lungo corsi d’acqua! Poverini credono di essere ricchi, sazi, ridenti e ben visti e invece non faranno mai nemmeno un fiore… e non sanno nemmeno che potrebbero germogliare dai loro rami dei fiori!
Dunque attenzione: il rischio di essere tamarischi è davvero grande!
I beati sono coloro invece che sono verdi, che sono robusti, che hanno la linfa che scorre abbondantemente e che fanno molti fiori, ma sanno anche che tutto ciò non è opera loro, ma del fiume che gli scorre vicino!!!
Già il fiume! Il Nostro fiume: Cristo!

O Dio, che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva a te da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell’egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa’ che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell’umanità rinnovata nel tuo amore.
(Dalla liturgia della VI domenica del tempo ordinario C).

domenica 7 febbraio 2010

A me è andata così!!!

Lc 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

(barca ritrovata nel lago di Tiberiade)

Pietro:
- abile pescatore
(era il suo lavoro),
- abile imprenditore
(non lavorava da solo ma aveva dei soci),
- conoscitore del lago di Tiberiade
(anni e anni a pescare nello stesso modo nello stesso lago),
- uomo lavoratore
(passa le notti in barca),
- uomo conosciuto nel villaggio
(pescatore del villaggio con un’abitazione abbastanza grande e centrale a Cafarnao),
- uomo che sperimenta il fallimento
(dopo la notte di lavoro sistema le reti, ma di pesci neanche a parlarne),
uomo paziente (chissà quante volte gli sarà capitato),
uomo paziente (nonostante il suo umore presta la barca a Gesù per farlo parlare alle folle),
uomo paziente (nonostante la sconfitta deve anche scostarsi da terra per far parlare meglio Gesù),
uomo paziente (nonostante la sua abilità di pescatore getta le reti perché glielo dice un
falegname),
uomo paziente (sopporta questo Gesù che arriva e pretende proprio nel momento sbagliato).

Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. Fede o sfida? Si gettano le reti perché si crede nel Maestro o per dimostrare al Maestro che quella notte non si può proprio pescare?
Quante volte nella nostra vita viviamo la stessa situazione, la sconfitta amara. Quante volte crediamo che quella situazione proprio non può essere risolta! Quante volte crediamo che la situazione è finita, non può andare meglio, non può andare peggio, ma è solo andata così!
Ma Lui, il Signore ha davvero l’ultima parola, occorre gettare le reti, perché la nostra abilità e la Sua Grazia, cambieranno proprio quella situazione che noi abbiamo definito come finita! È Lui, il Signore, a riportarci proprio al centro della sconfitta e a farci scoprire che le barche, con il Signore, sono sempre piene!
E allora ecco che davanti a Dio e con Lui tutto prende un’onda diversa, ma occorre accettare che un falegname insegni a noi pescatori a pescare!!! Occorre che il Signore ci insegni proprio negli ambiti in cui noi crediamo di essere maestri, ma di maestro ce ne è uno solo!!! Caro Gesù, va bene la messa, l’amore per il prossimo, il perdono, ma in questa situazione tu proprio non centri, qui ci sono io e me la devo cavare da solo… “gettate le vostre reti”!!!

Dio di infinita grandezza, che affidi alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di portare agli uomini l’annunzio del Vangelo, sostienici con il tuo Spirito, perché la tua parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra.
(Dalla liturgia della V domenica del tempo ordinario C).